"Transiti" : nome della collettiva di fotografi che hanno esposto al Castello di Voghera, edizione del 2019, curata da Luca Cortese e Gianni Maffi

Il giorno 14 settembre 2019 si è inaugurata al Castello di Voghera la seconda edizione del Festival di Fotografia coordinata dall'infaticabile Arnaldo Calanca di Spazio 53 e dal Comitato scientifico costituito da Pio Tarantini, Luca Cortese e Gianni Maffi.

Quest’anno la seconda edizione si è arricchita di una offerta visiva più circolare da considerarsi prosecuzione della precedente manifestazione denominata “Tra luoghi e persone” che quest’anno ha preso il nome di "Transiti" volendo dar voce  all'attraversamento umano che, particolarmente in questi ultimi decenni, è divenuto fenomeno macroscopico causa immigrazione di larga scala.

Nelle sale del Castello il visitatore si trova ad osservare immagini, raccolte in una collettiva definita “Transiti”, curata da Luca Cortese e Gianni Maffi, che parlano di luoghi che uomini attraversano, mutando spesso per necessità le proprie abitudini.

La collettiva si compone di fotografie, selezionate da progetti più estesi, di autori quali: Stefano Parisi, Giancarlo Carnieli, Francesco Cianciotta, Isabella Balena, Graziano Pierotti, Daniele Vita, Sebastiano Vianello, Gianni Maffi, Pier Paolo Fassetta, Nino Romeo.

Rispettando il mio “sentire” la rassegna muove dalle foto del fotografo Stefano Parisi che, all'inaugurazione, ho avuto modo di conoscere personalmente.

Stefano dà al suo progetto il titolo di “Global Landascape” offrendoci la visione di terre antropizzate che hanno catturato la sua attenzione in viaggi svoltisi negli Stati Uniti, Islanda ed Oman.

Le sue foto mostrano strade asfaltate, crocevia, segnaletiche stradali in verticale ed orizzontale; alcuni camion attraversano ponti di ferro le composizioni tutte rivelano desolazione; la presenza umana è come svuotata, inaridita. Tutto è freddo, i colori, tralasciando il grigio dell’asfalto, sono chiari, il cielo è presenza.

La densità delle nubi sembra accarezzare il vuoto umano, uniformità desolante, assenza di direzione perché la presenza di segnaletica stradale non rivela alcuna direzione.

L’autore vuole dire, con immagini piane, silenti che il senso del vivere, la direzione è andata persa. I cartelli avrebbero la presunzione di indicare una direzione ma, vuoto “umano” afferma che l’essere umano non può trasformarsi in merce come il Capitale chiede. I suoi scatti non gridano evidenziano un paesaggio omologato in ogni dove, come globalizzazione ha voluto. Quest’ultima ha tolto “identità” all’essere umano, e la sua fotografia lo rende manifesto.

Giancarlo Carnieli presenta al visitatore la transumanza delle pecore che, dalla periferia di Milano va verso le valli della bergamasca.

Fa uso del bianco-nero, i toni, i contrasti sono marcati, il soggetto protagonista sono le pecore, il loro transito l’autore dà importanza alle bestie più che agli umani.

Le pecore, nella transumanza, pascolano in gruppo, il pastore invece appare chiuso nella sua solitudine.

Le fotografie di Francesco Cianciotta dicono non della terra ma del volo, i suoi scatti si concentrano sulle attese che sperimentiamo in aereoporto.

La tecnica fotografica con Francesco ritrova il colore, il suo mezzo è la fotocamera del cellulare.

Si notano rifrangenze di vetri aereoportuali, individui ridotti a sagome,

individui in cammino da e verso l’aereo; l’attesa consente legami? veri? apparenti? Esiste un “insieme”? Forse l’insieme che unisce umani è solo l’attimo che accomuna i diversi viaggiatori.

Il progetto di Isabella Balena verte sui pellegrini in viaggio verso Gerusalemme.

La sua fotografia è ironica, in quanto sottolinea come un viaggio, pur potenzialmente nato per esigenze spirituali, può trasformarsi in viaggio turistico.

Lo dimostrano i selfie delle suore, il dolore “apparente” delle donne che recano sulle spalle la “Croce Cristica”; i colori forti, contrastati sottolineano cura nell'abbigliamento come mostrano cappellini, giacche, occhiali da sole, il sacro si è trasformato in faceto.

Con Graziano Perotti, si fa ritorno al bianco-nero per descrivere rifugiati in fuga dalla guerra in Siria.

Graziano privilegia i primi piani, ama sottolineare occhi, sguardi, mani, espressioni il linguaggio del corpo parla più di mille parole, Graziano lo ha compreso cosicché tende, bivacchi son posti sullo sfondo.

L’autore in tal modo entra nel “senso” del significato dell’allontanarsi dalla propria Terra.

Focalizzandosi sulle espressioni invita lo spettatore a prendere coscienza di quanto un cambiamento può produrre vita pur nella separazione.

Daniele Vita che dire? E’fotografo attento ad un dialogo sulle “radici”.

Voghera 2019 presenta il lavoro su Tony Aniugo, nigeriano, che ha richiesto asilo politico alla città di Milano.

Daniele ha affiancato il nigeriano entrando nella vita di Tony a Milano.

Le immagini mostrano quanto Tony abbia preferito isolarsi dai suoi conterranei per non sporcarsi nei giri della droga.

Daniele immortala Tony in preghiera tra le panche di legno di in una chiesa cattolica romana.

L’inquadratura è centrale, la figura è protagonista, sullo sfondo, fuori fuoco, pilastri.

Prevalgono toni scuri che esaltano il raccoglimento del protagonista l’uso del colore solo in una una borsa sulla panca, e nelle tarsie bianco-nere del pavimento della chiesa.

Vita fotografa Tony sulla carta d’identità, ed ancora focalizza l’attenzione sul suo viso, in primo piano come per segnalare un processo di riappropriazione di una “identità” ferita.

Sebastiano Vianello è attratto dai cavalcavia, luoghi di transito di un tessuto urbano. Le sue foto colgono “passaggi” di uomini e donne di età variegate.

Pier Paolo Fassetta è presente con immagini rielaborate in post-produzione, similarmente a “frame” di taglio cinematografico estrapolate dal progetto “Attese”.

Pier Paolo dà vita a geometrie urbane che rendono l’uomo un frammento indefinito in grandi spazi.

Filosofia del vivere “chi siamo noi nell'eterno incedere del tempo?"

Il colore delle immagini si incentra sui toni del nero, del grigio del verde ora più incisivo ora più evanescente, il suo linguaggio è sottile.

Gianni Maffi con i suoi scatti rende esplicito il mortificante aspetto del turismo contemporaneo.

Le foto dell’autore rivelano l’assenza di peso che il turista dà al luogo visitato; il narcisismo di un “selfie” cela l’idea di quanto l’uomo contemporaneo ami apparire più che essere.

Nessuna valorizzazione data al bene culturale tantomeno alle emozioni provate nel visitare un bene storico, le foto esplicitano un puro compiacimento del Sé.

Infine Nino Romeo ci dà esperienza visiva con fotografie di uno sbarco di migranti nord-africani sulle spiagge della Sardegna.

Dei migranti non resta più alcuna traccia rimangono i beni? in primo piano, a colori, scarpe e indumenti d’abbigliamento.

Le immagini di Nino, sebbene a colori procurano un senso di vuoto, di desolazione, il focus è sulle cose, sospensione di giudizio, vita o morte?

Caterina De Fusco