Una corsa a Milano per Giovanni Gastel : Giovanni vive in un “eterno istante” ma è necessaria cura nell’osservare per accogliere il “vero”senso.

Mi accorgo, il 9 giugno, che la kermesse di Paratissima, per la prima volta a Milano, che ha coinvolto 150 artisti emergenti di arte contemporanea, chiude il 10 giugno.

Devo raggiungere la sede di Base in zona Tortona in Via Bergognona, perché Gastel, dieci anni dopo l’Esposizione del progetto “Genesi nello spazio”, alla Fondazione Sandretto di Torino fa approdare lo stesso per la prima volta a Milano.

Non ebbi il pregio di visitare tale Mostra quanto di ricevere nelle mani, cinque anni orsono, il libro che fu pubblicato in edizione millesimata di tal progetto nato in accordo con l’hair stylist Franco Curletto: un tuffo al cuore mi ha provocato la scoperta che Gastel esponesse, "Genesi nello spazio" con immagini in scena. Quel testo fu per me l’origine della connessione con l’arte di Giovanni Gastel che mi trasportò, sin dall’origine, in un mondo immaginifico.

Per quel progetto, oggi a Milano per Photoweek, scrissi un pezzo critico che mi fu pubblicato da Maurizio Rebuzzini sulla rivista Fotographia (link). Quegli scatti,un tempo nelle mie mani, si rendevano visibili, ora, in grande formato, a Base, montati su pannelli di plexiglass.

Osservarli dal vivo mi ha procurato grande gioia permettendomi di ritessere quel filo che mi condusse all'autore e, divenire, quasi nell'immediato, sua amica.

Credo che un destino sotteso alla vita ci abbia permesso l’incontro perché osservare le sue immagini e scrivere per esse, allora come ora, fu naturale come l’acqua che scorre nel letto di un fiume.

Genesi nello spazio,le fotografie che fanno mostra di sé, negli spazi di Base, sono posizionate al centro di un lungo corridoio che divide un gallerista di Torino da uno di Roma che propongono fotografi di propria selezione.

Spazio, il respiro si fa sottile, gli scatti di Giovanni ancor e sempre mi parlano e mi arrivano, come cinque anni fa, al cuore. I suoi volti mi osservano mentre scrivo, mi parlano. Dicono di una ricerca che scava nell'identità di ciascuno se solo siamo capaci di svestirci,  spogliarci, delle nostre maschere.

Camminando per i corridoi di Base alcuni fotografi in esposizione hanno creduto di parlare di maschere, di fili che tessono vite attraverso una riproposizione di collage, di veri e propri specchi in cui specchiarsi, compaiono anche buchi di serratura con specchi o semplici riproposizioni fotografiche scomposte di matrice  cubista.

Semplicistici modi attraverso cui dare "parvenza" di arte.

Ma l'arte, come diceva Benjamin non è  merce, come troppo spesso il mercato vuole proporre, arte è  ciò che racconta del percorso introspettivo dentro sé  stessi.

Se le immagini non dicono a chi le osserva, allora, vive solo un  compiacimento di sé, una sorta di gigionismo di colui che ama esporsi per esporsi. So della celebrità di Giovanni Gastel da ciò scrivere di lui potrebbe apparire  facile, ma la verità profonda è  che io incontrai prima le sue immagini, raccolte in un libro poi,  l'autore.

Lessi con gli occhi, potrei dire, in maniera più appropiata con l’anima, i suoi scatti, i suoi tagli compositivi le rasature di Curletto esaltate da luci ed ombre e, scrissi e, quando incontrai l'uomo Giovanni, la mia percezione delle immagini trovò conferma nell’uomo che comparve dinanzi a me.

Le sue foto parlavano questo, il mio sentire. Ed è solo se l’organizzazione compositiva di una immagine parla da sé che il  mio sguardo procede in quell’analisi che prende forma nelle parole che costruiscono il testo delle mie osservazioni: vedere con il cuore riconoscendo l’anima di chi ha creato.

Non conosco altro modo di scrivere, parole si manifestano solo se la mia anima viene toccata.

Una giovane artista ha inoltre catturato il mio sguardo, esponeva per la Galleria bArt di Roma:  Monica Gorini che vive e lavora a Milano, non nasconde curiosità non solo per la fotografia ma per l’architettura il colore, il design. Donna attenta alla molteplicità degli aspetti del vivere quotidiano.

Le sue fotografie sono figlie di una sensibilità variegata che sperimenta un desiderio di rendere complementari diversi linguaggi che ama la contaminazione.

Contaminare, nel mondo attuale, e' elemento pregnante in quanto solo amando  la trasversalità ed il reale è  possibile creazione.

Monica nei suoi scatti rivela alcuni aspetti del corpo umano, due elementi salienti, la testa e le mani che coniuga con il colore.

I colori che dipinge son due il rosso ed il blu in accordo ai testi fotografici perché al colore si associa livello percettivo.

Ogni nostra percezione è  legata ad una nota di colore, scrivere è  "vedere" attraverso il colore. Così la Gorini trapassa dal linguaggio fotografico a quello pittorico.

Percezione cambia, come vibrazione cambia, nel passaggio dal visivo al tattile.

Il tatto come la vista sono organi percettivi che raggiungono il cuore.

Osservare, percepire "sentire" ed è  così che alcune fotografie, in mostra parlano linguaggio, apparentemente muto, che rende manifesto ciò che l’artista ha dentro.

Se le immagini riflettono la vita di chi le crea, per me, allora,si può parlare d'arte.

La “Burning Giraffe Art Gallery” di Torino ha selezionato un giovane fotografo Ugo Ricciardi che presenta, nell’osservarlo, una ricerca sulla luce, pennellata con lampade Led, nel sito archeologico della valle d’ Agrigento.

L’utilizzo del bianco nero e, di lunghi tempi di esposizione hanno permesso all’autore di catturare, attraverso la luce in movimento, elementi invisibili che appaiono, come in un sogno, visibili.

Giochi concettuali dicono di una necessità interiore dell’uomo, in un tempo storico che esalta l’apparire sull’essere, di lasciarsi andare all’ immaginazione per poter rimanere vivi e fertili in questo mondo.