Una bellissima festa per ricordare la Vittoria dell'Italia nella Prima Guerra Mondiale del 1915-1918.

La festa è il 4 novembre, data dell'entrata in vigore dell'armistizio di Villa Giusti (firmato il 3 novembre 1918) e della resa dell'Impero austro-ungarico. Fu istituita nel 1919 per commemorare la vittoria italiana nella prima guerra mondiale, evento bellico considerato completamento del processo di unificazione risorgimentale.

Una bella commemorazione che ha visto la presenza delle Autorità Cittadine, Forze Dell'Ordine, Associazioni Combattentistiche.

A fine evento il discorso del Sindaco, Dario Rollo, il quale recita ... "noi Adulti dobbiamo chiederci... cosa lasciamo in eredità ai nostri figli? una casa? un'azienda? uno studio? dei terreni? ma i ricordi e cosa ci ha dato la Grande Guerra? i Valori degli Italiani morti per darci la consapevolezza della comune appartenenza al Popolo Italiano? ... Che cosa possono significare oggi le parole "Servizio" e "Patria"? ... il Futuro di questa nostra Patria dipende prima di tutto dai nostri comportamenti quotidiani ... Tutti in prima persona dobbiamo mettere al centro del nostro agire il bene comune ...".

Un discorso bellissimo, articolato, toccante, che non ha risparmiato le lacrime dell'emozione neanche al Sindaco.

Bei momenti e belle Emozioni vissute.

Grazie Cascina ...

a fine pagina trovate il discorso integrale del Sindaco

Il Discorso del Sindaco

Oggi festeggiamo il 4 novembre.

Infatti la legge n. 54 del 1977 stabilì che il 4 novembre, se giorno feriale, fosse celebrato la prima domenica successiva. Prima di quell’anno, il 4 novembre era una giornata festiva. Poi, la corrente antimilitarista di quegli anni, concorse non poco a scolorire l'importanza della ricorrenza. Solo negli ultimi due decenni, con la decisione di aumentare l'impiego dei nostri militari nelle missioni all'estero e la presa di coscienza che le Forze Armate sono importanti anche al rafforzamento della politica estera del nostro Paese, il 4 Novembre è stato riscoperto.

Ci si augura che possa ritornare ad essere una giornata festiva in considerazione dell’altissimo significato della giornata e dell’anniversario.

Questa festa, dedicata all’Unità Nazionale e alle Forze Armate, non è altro che l’anniversario della grande Vittoria della Prima Guerra Mondiale, quando l’Italia completò, quasi del tutto, la sua unione e formazione del Paese che noi conosciamo oggi. Si festeggia una vittoria (LA Vittoria!) del nostro popolo contro l’oppressione ed occupazione straniera. E noi Italiani invece, troppe volte, abbiamo paura e timore di festeggiare tale ricorrenza.

Il 4 novembre è anche giorno di discorsi pubblici. In questa occasione pertanto, chi ha l’onore di intervenire, deve sicuramente stimolare un confronto, avviare una vera discussione che sia da stimolo, in particolare per i giovani, a chiedersi cosa rappresenta e deve rappresentare la giornata del 4 novembre.

Come anticipato, il 4 novembre ricorda una vittoria, importantissima per il nostro Paese di oggi, ricorda la conclusione della prima guerra mondiale, o come alcuni storici la definiscono la 4^ guerra di indipendenza.

Una guerra tragica, terribile, una guerra oggi quasi completamente dimenticata nel nostro Paese, ma che dette una vittoria che fece maturare quel senso di coscienza nazionale che si dimostrò, in tutte le città, concretamente, con la costruzione di numerosi monumenti in ricordo dei Caduti.

I nomi di quei soldati furono impressi sulle lapidi commemorative. Nelle città e nei paesi spesso lontani, dopo la guerra furono eretti monumenti che testimoniavano la memoria condivisa di quella vittoria e che era presente al Nord come al Sud dell'Italia.

Anche a Cascina furono eretti diversi monumenti, uno tra i quali alle mie spalle. Simbolo a perenne ricordo dei soldati e civili che hanno combattuto per la libertà contro l’oppressione straniera.

Tanti giovani concittadini hanno sacrificato la propria vita. La pace che oggi viviamo è costata tante vite umane. Cascina ha il suo bel monumento, al centro di questa piazza nel centro storico.

Una statua che rappresenta l'Italia, un’asta che sorregge con il braccio destro che rappresenta l'insegna della Vittoria, con il sinistro porge la corona alla gloria dei Caduti.

Di sotto vi sono due formelle in bronzo figurato che simboleggiano il sacrificio e l'Italia nuova. Lo stemma del Comune di Cascina precede l'iscrizione commemorativa “I Cascinesi ai caduti per la Patria”. Il monumento è lì a ricordare le persone partite da questa città e mai più tornate.

Perché cito l’importanza di un monumento, che non è altro che un insieme di freddo marmo e qualche statua generalmente di bronzo?

Perché i monumenti ai caduti sono simboli (e ci tornerò sul significato di questa parola nel mio intervento) che rappresentano la memoria dei nostri caduti nelle guerre, di tutti coloro che hanno sacrificato la loro vita per consegnare a noi l’Italia di oggi.

Sono simboli dove, in determinati giorni dell’anno, le Autorità, le associazioni e la cittadinanza si ritrovano per porvi una corona, a ricordo del sacrificio di quelle persone. E’ un modo di tramandare il ricordo di fatti, persone, eroismi, valori, tradizioni, ideali che devono accomunare noi a chi ci ha preceduto. Questo rappresenta quel marmo freddo e la statua di bronzo.

Quindi la ricorrenza del 4 novembre, inizialmente dedicata a commemorare la vittoria nella Grande Guerra, poi è diventata anche occasione per riflettere sull’unità nazionale e che può offrire, al giorno d’oggi, qualche stimolo a quel risveglio di positivo sentimento nazionale, se accostata in chiave educativa e non solo celebrativa.

Nella giornata odierna dovremmo allora chiederci che cosa rappresenta il 4 novembre, l’epilogo della prima guerra mondiale e che significato ha avuto nel processo di costruzione dell’unità nazionale, cosa ha rappresentato e cosa rappresenta il servizio delle Forze Armate. Vediamolo anche dal punto di vista dell’educazione e della formazione, e non solo come semplice celebrazione di una ricorrenza.

I pedagogisti indicano l’educazione come quel processo che avviene e si sviluppa come rapporto tra le generazioni, come cura che le generazioni adulte hanno per la crescita e la maturazione delle generazioni più giovani. Affinchè gli obiettivi dell’educazione possano essere raggiunti sono necessari molti fattori:
1. il senso di responsabilità degli adulti;
2. la disponibilità ad apprendere e a formarsi di ragazzi e giovani;
3. l’esistenza di un patrimonio di conoscenze, valori e modi di vivere che valga la pena di essere trasmessi da una generazione all’altra.

Con l’insegnamento dell’educazione, noi adulti compiamo realmente il nostro dovere nei confronti del nuovo bimbo o bimba che “E’ venuto/a al mondo".

Che cosa significa “venire al mondo”? Un nuovo essere umano, bimbo o bimba, è entrato a far parte di una “comunità”, rappresentata innanzitutto dalla famiglia, nella sua forma più elementare, il papà e la mamma.

Una “comunità” più ampia e articolata dove ci sono fratelli, sorelle, nonni, zii e altri parenti. Ma la “comunità” è fatta anche di altri elementi, che non sono solo le persone fisiche.

Vi è la lingua che le persone parlano e che permette di intendersi e vivere insieme; lo spazio in cui vive la comunità (casa, vicinato, quartiere, scuola, palestra, le regole, la “buona educazione”). Ecco le forme quotidiane dello spazio civilizzato in cui viviamo quotidianamente e in cui cresce il nuovo essere umano “venuto al mondo”.

E ancora, la comunità è composta dalle “tradizioni”, nelle quali tutto ciò che le generazioni precedenti hanno costruito, scoperto e realizzato viene reso disponibile a chi si affaccia ora alla vita.

Allora, mettendo insieme tutti questi aspetti (o aggiungendone altri quali la cultura, gli usi e consuetudini, il cibo, la religione, ecc.), alla fine, vedremmo che tutti confluiscono nella parola che esprime il significato più ampio di “comunità”: la parola “Nazione”.

Il fatto che, a volte, questa parola possa essere pronunciata con intenti solo retorici o propagandistici o in maniera “vuota” senza un significato profondo, non toglie che essa conservi un grande contenuto di valori che è compito di ogni generazione adulta far percepire, conoscere e apprezzare alle generazioni più giovani.

Alessandro Manzoni nell’ode Marzo 1821, un’ode che è un appello alla libertà di tutti i popoli, contro ogni forma di violenza, verso la creazione di un mondo in cui vi sia veramente un maggior rispetto dell’uomo verso altri uomini, superando la barriera dell’egoismo personale e dell’interesse politico di una classe sociale che pensa solo e innanzitutto a mantenere il proprio potere ma che esprime così il significato di Nazione: “una d’arme, di lingua, d’altare, di memoria, di sangue, di cor”. Che bella definizione!

A questo punto, soprattutto nella giornata odierna e in considerazione della definizione che abbiamo dato alla parola “Nazione”, noi adulti bisogna domandarsi: “cosa lasciamo in eredità ai nostri figli?”. Se lo vedessimo solo da un punto di vista materiale potremmo affermare: una casa, un’azienda, uno studio professionale, dei terreni.

Ma da un punto di vista “spirituale” che cosa, della Grande Guerra e della Nazione che essa contribuì a formare compiutamente, le generazioni adulte lasciano in eredità ai propri figli?

Oramai è impossibile trovare qualcuno di quegli anni che conserva qualche ricordo. Cosa rappresentò quel conflitto (le sofferenze, le paure, le speranze), quella vittoria e di come maturò tra la popolazione la consapevolezza della comune appartenenza al popolo italiano, è affidata alla generazione dei figli dei combattenti.

Forse, nella maggior parte dei casi, siamo già alla generazione dei nipoti dei combattenti. Nel prossimo futuro lo sarà a quella dei pronipoti.

E allora bisogna chiedersi: gli avvenimenti di quel periodo della guerra (l’eroismo al fronte, il sacrificio nelle comunità anche lontane dal fronte, i sentimenti dei soldati e delle loro famiglie), conservano ancora quei sentimenti vivi e sentiti anche al giorno d’oggi?

E’ ancora possibile trasferire quel patrimonio di volti, immagini, racconti, sentimenti, ai giovani che stanno crescendo in questo periodo?

Questo “trasferimento” di sentimenti vivi e sentiti lo dobbiamo rendere accessibile noi adulti, affinchè l’espressione di “venire al mondo” di un nuovo essere umano si possa compiere nella sua profondità anche storica e culturale.

E’ nostro compito (di noi adulti!), instaurare un rapporto positivo tra generazioni ma soprattutto educare i bambini, ragazzi e giovani, alla realtà in tutti i suoi aspetti e significati.

E in questo, il passato e la storia del nostro Paese è un aspetto della realtà che non può essere trascurato, altrimenti si perderà quel senso di appartenenza che lega noi a chi ci ha preceduto, ai nostri avi.

Ma per far ciò, però, noi adulti dobbiamo essere credibili ed evitare le “cadute di stile” nel comportamento quotidiano. Ne va della nostra credibilità nei confronti di chi vede in noi degli esempi da seguire.

I nostri comportamenti sbagliati non aiutano le nuove generazioni alla conoscenza della nostra Nazione, né tantomeno insegnano loro il rispetto dei DOVERI dell’essere cittadino modello, prima che l’esercizio dei propri diritti.

Per poter avere credibilità al giorno d’oggi, causa scandali e numerose “cadute di stile” da parte di tanti rappresentanti pubblici avvenute negli anni, così come l’ipocrisia di alcune persone, che per anni hanno costruito delle false verità nel nostro Paese, bisogna riconquistare il significato di una parola, in un contesto nuovo e diverso del passato. Una parola sintetizzata nel “servizio alla Patria”.

Occorre domandarsi, in maniera sincera e senza alcuna paura (perché non c’è alcuna paura nel pronunciarlo): che cosa possono continuare a significare, oggi, le parole “servizio” e “Patria”?

Fino al recente passato, il servizio alla Patria veniva identificato con l’obbligo di leva che stava a significare “il debito” del giovane verso il proprio Paese. Debito assolto prestando servizio militare preparandosi alla difesa dei confini e dell’integrità nazionale.

Il servizio veniva svolto in regioni diverse da quella d’origine in quanto aveva lo scopo di aprire il giovane alla conoscenza dei suoi coetani di aree sociali e ambientali diverse, di contribuire a creare e rafforzare tra loro un comune sentire (un pò come l’esperienza dura della trincea e del fronte durante la guerra dove combattevano, fianco al fianco, Italiani provenienti da varie regioni d’Italia).

Poi arrivò la stagione della contestazione del servizio militare e l’introduzione di quello civile, facendo così esprimere il significato di “servizio alla Patria” quale possibilità di saldare il “debito” anche in ambito sociale ed economico.

Infine, la ridefinizione dei compiti delle Forze Armate ha comportato un ulteriore cambiamento con la fine del servizio militare di leva e trasformazione delle Forze Armate costituite interamente da professionisti.

E quindi, al giorno d’oggi, la parola “servizio” continua a significare ancora qualcosa per i giovani maggiorenni?

Quello che abbiamo detto per il “servizio” vale, in proporzioni più grandi, per la parola “Patria”.

Una parola e un significato che forse, al giorno d’oggi, sembra essere desueto, superato, dimenticato.

Si prova quasi paura, vergogna, a pronunciare la parola Patria e se lo si fa, qualcuno viene definito “nostalgico” di valori di altri tempi.

Non E’ così! Non PUO’ essere così! Non DEVE essere così!

Allora per riscoprire la parola e dare il giusto significato di “Patria” e “servizio alla Patria” dobbiamo rispettare i simboli e quello che essi rappresentano.

Ecco, ritorna il valore dei simboli, ritorna quanto affermato all’inizio del mio discorso sull’importanza del monumento ai caduti.

Ma oggi lo abbiamo fatto anche con altri simboli: con l’alzabandiera per inaugurare il restyling del monumento, con la filarmonica Puccini che ha sfilato lungo le vie del centro suonando delle marce, con il tricolore che sventola insieme al gonfalone della città inquadrati nello schieramento….

Sono tutti simboli, che significano molto di più della loro immediata apparenza o consistenza materiale.

Il Tricolore non è un pezzo di stoffa di 3 colori diversi, il Gonfalone della città non è anch’esso un po’ di stoffa con delle immagini stampate sopra… Essi rappresentano la memoria di chi non c’è più, di chi per il bene della comunità (e quindi della Nazione), per il prossimo e per la Patria, ha donato la propria vita.

Questi sono i tratti, questa è l’immagine, questo è il sentimento che tutti noi dovremmo aver presente nel pronunciare la parola “Patria” e capire il vero significato di “servizio alla Patria”. Solo così, credendo sentitamente questi valori, potremo trasmetterli come nostro “patrimonio” alle generazioni più giovani.

Il futuro di questa nostra Patria dipende prima di tutto dai nostri comportamenti quotidiani.

Tutti in prima persona dobbiamo mettere al centro del nostro agire il bene comune.

Troppo spesso assistiamo ad uno scarico di responsabilità, che sono sempre di altri ed altrove, atteggiamento che oltre ad essere poco utile, offende chi rispetta le regole e si impegna quotidianamente per una società migliore di quella che ci hanno lasciato i nostri padri.

Questa giornata ci deve ricordare che il modo migliore per commemorare degnamente i nostri caduti (che hanno adempiuto in maniera encomiabile il loro “servizio alla Patria”) è impegnarsi in prima persona, ogni giorno, nel nome certamente dei diritti ma anche e soprattutto dei doveri di ognuno di noi.

Solo così questa Italia, la nostra Italia, sarà davvero l’Italia di tutti, un grande Paese degno di coloro che oggi commemoriamo.

Amiamo la nostra terra, amiamo la nostra storia, amiamo il nostro passato, le nostre tradizioni, trasmettiamole orgogliosamente ai nostri figli e guardiamo fiduciosi il futuro che attende la nostra Italia.

Viva Cascina, viva l’Italia, viva la nostra amata Patria!